Qualche nota a margine su Anteprima Amarone 2015

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Era la sedicesima, quest’edizione, con i riflettori puntati su un’annata definita molto buona, anzi, forse la migliore degli ultimi trent’anni. Nel riordinare gli appunti m’è venuto spontaneo  guardare indietro, per esempio  a quel giro di boa del millennio in cui l’Amarone stava diventando protagonista di una crescita senza precedenti, acquistando, assieme al credito nel mondo, una veste sempre più massiccia e concentrata. In quegl’ anni e per un buon decennio, si usciva dalle anteprime con la lingua patinata dai tannini e dagli zuccheri.

Già, com’eravamo.

C’è chi ricorda con nostalgia gli Amarone degli anni sessanta e settanta, non troppo muscolari e concentrati rispetto a quelli che hanno iniziato invece ad avere un enorme successo intorno agli anni 2000 (ma la viticoltura e la tecnica dell’appassimento erano allora un’altra  storia);  c’è chi guarda anche più indietro, a quando il “grande vino da appassimento” era chiamato Reciotto – Amarone, indicando la versione più secca dello storico vino dolce della Valpolicella. E non sto parlando solamente di alcuni appassionati.

Ma la storia corre, corre l’economia e dunque si deve guardare avanti.  A che punto siamo? E quale sarà il futuro?

Per buttar giù una sia pur modesta riflessione, occorrono dati, ed ecco la bella sorpresa di Giampiero Nadali (l’amico Wineblogger Aristide conosciuto in un passato piuttosto recente ma che sembra lontanissimo).

Egli ha pubblicato ieri una serie di dati che si riferiscono alla produzione dei vini Valpolicella dal 1972 al 2018 ( qui link su Terroir Amarone). Sono dati interessanti e preziosi che danno l’idea di come si è arrivati fin qui, utili anche a chi si è avvicinato all’Amarone in tempi molto recenti. (Grazie mille Giampiero, ottimo lavoro!).

Un dato balza immediatamente agli occhi: nell’annata di quest’Anteprima, la 2015, si è registrata la più alta percentuale in quantità, di uva raccolta per l’Amarone e Recioto (ma sappiamo che  quest’ultimo ha una produzione in numeri esigui), rispetto al totale della produzione, parliamo di circa il 43,56%.  Nelle tre annate successive si stima un riequilibrio al 34-35%.

Altri dati significativi riguardano la superficie vitata complessiva per la produzione che, a cavallo del millennio, inizia a crescere costantemente, arrivando nel 2018 a 8187 ettari.

E c’è un altro dato che fa riflettere: l’indicazione dei milioni di bottiglie prodotte nelle quattro tipologie del Valpolicella. È in testa il Ripasso con 27,5 milioni di bottiglie, poi viene l’Amarone con 13,5 milioni di bottiglie.  E ci sta, in quanto il disciplinare del Ripasso recita: ”Il quantitativo dei vini a denominazione di origine controllata "Valpolicella ripasso" non può essere in volume superiore al doppio del volume di vino ottenuto dalle vinacce delle tipologie "Recioto della Valpolicella" e/o "Amarone della Valpolicella" impiegate nelle operazioni di rifermentazione/ripasso.”   Il doppio e dunque si fa tutto il Ripasso possibile e qualcosa mi dice che se si potesse, se ne produrrebbe ancora di più. 

Questo qualcosa è una tabella che si trova all’interno della presentazione sull’annata 2015 scritta da Diego Tomasi del Centro di Ricerca in Viticoltura ed Enologia di Conegliano.

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La produzione del Ripasso, misurata in milioni di bottiglie, è corsa molto verso l’alto negli ultimi dieci anni.

Possiamo sicuramente discutere se sia meglio puntare ancora su Amarone dai tratti opulenti e muscolari, o più affilati ed eleganti, come sta avvenendo sui social in questi giorni post Anteprima, ma mi pare che la cosa più importante da fare sia un’altra: discutere su quale identità si vuole dare ai vini della Valpolicella per affrontare il futuro e le sue incognite ( non ultima la contrazione delle vendite in certi mercati esteri).

La confusione regna sovrana , con l’appassimento che entra ormai prepotentemente in quasi tutte le tipologie, Valpolicella Superiore compreso, salvo, naturalmente esempi virtuosi che, in quest’ultimo caso, usano ancora soltanto uve fresche. Si salva dal “demone dell’appassimento” il Valpolicella d’annata, che però, buono, è da cercarsi quasi col lanternino.

E se il centro dei problemi fosse un altro?  Non è che la superficie vitata cresce proprio per poter produrre più Amarone ed ottenerne poi quantitativi sempre maggiori di Ripasso?

È la Valpolicella ripasso centrica, quella che ci aspetta?

Mi sembra che la riflessione e la discussione di cui sopra, non siano ulteriormente rinviabili e che debbano riguardare in primis i produttori, ma  li vorremmo uniti, vivaddio.