Bardolino Classico Tacchetto 2018: è un caso?

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Mi è spiaciuto quest’anno non poter partecipare alla due giorni dedicata al Bardolino e al Chiaretto e leggo quindi con piacere qualche cronaca dell’evento che, per quanto riguarda il Bardolino, è giunto alla seconda edizione e vuole fare il punto sul progetto BardolinoCru, mettendo in luce le caratteristiche del nuovo rosso gardesano, prodotto nelle tre sottozone storiche Montebaldo, La Rocca e Sommacampagna.

Leggo, dunque sul sito winemag.it, questo post a firma Davide Bortone, in cui si scrive di “un caso Guerrieri Rizzardi” in questi termini:

“Il segno che quella dei “cru” sia molto più di una trovata di marketing risiede (anche) nella bocciatura dell’etichetta di una storica cantina della zona, come Guerrieri Rizzardi.

Il legno grande è ammesso per l’affinamento dei vini della sottozona, ma a livello organolettico i sentori ‘vanigliati’ non devono sovrastare il corredo: cosa che si verifica nel Bardolino “Tacchetto” della nota winery di Strada Campazzi, che non potrà dunque fregiarsi del “cru” Monte Baldo nell’ultima annata in commercio.”.

Ohibò, mi sono detta, questa non me l’aspettavo. Perché se c’è un Bardolino che prima di altri ha “precorso” e “percorso” la strada della valorizzazione del concetto di Cru, quello è proprio il Tacchetto che viene prodotto ( credo da ben oltre un decennio) con le uve dell’ singolo vigneto di Cavaion, su terreni calcarei di origine morenica che insistono, appunto nella sottozona Montebaldo. E lo scorso anno, alla prima edizione di BardolinoCru, l’avevo annotato qui, come una delle più espressive interpretazioni della stessa.

Sicuramente la commissione interna che attribuisce il “ bollino” della sottozona (cosa che non ha ufficialità ma serve a preparare il terreno a un cambio di disciplinare che ancora non ha terminato il suo iteri di approvazione) ha fatto il suo serio lavoro che non mi permetto certo di criticare.

Aggiungo però, in relazione a quanto ho letto, che sicuramente il Bardolino Classico Tacchetto non è un caso per la bocciatura dovuta ai troppi sentori vanigliati causati dal legno.

Il Tacchetto, da sempre e anche in quest’annata, non vede legno alcuno, né in fermentazione ( acciaio) né in affinamento (acciaio e cemento). Sono più propensa a credere che sia stato un vino scomposto da un recente imbottigliamento, dove il merlot abbia marcato i sentori più che in altre annate. Le varietà rosse non aromatiche e non autoctone ( come sono invece corvina, rondinella, molinara e corvinone) sono d’altronde ammesse ancora dal nuovo disciplinare, nella misura fino al 20% del totale, con un limite massimo del 10% per ogni vitigno. E dunque, il 10% di merlot che concorre al Tacchetto non ne fa di certo un caso. Diciamo che ora ho un motivo in più per assaggiarlo,