Thomas Niedermayr - Oltre il biologico, ovvero PIWI con maestria

In più occasioni ho incontrato Thomas Noedermayr e i suoi vini, ma qualche sera fa ho avuto il piacere di poter assaggiare una panoramica della sua produzione, incentrata sui vitigni PIWI, resistenti alle malattie fungine. grazie all’invito della cara Corinna Ganesini, referente Veneto per Slow Wine, presso l’Enoteca della Valpolicella.

Una serata speciale, a dir poco. Interessanti e impeccabili i vini, frutto di una scelta biologica che Thomas e la sua famiglia hanno intrapreso da quarant’anni, approdando poi alla produzione da vitigni resistenti negli anni Novanta. Impeccabili e gustosi anche i piatti della cucina guidata dalla cara Ada Riolfi, tra i quali merita il podio il raviolo con ripieno di faraona arrosto.

La sequenza dei vini è iniziata com Summ 2022, il vino d’ingresso, ovvero il biglietto da visita dell’azienda. Selezione in vigna per una cuvée di bronner, solaris e sauvigner gris che regala profumi e beva di spiccata freschezza. Si è proseguito con il Sauvigner Gris 2021, prodotto da tre parcelle a 300 m di altitudine, su suoli di dolomite e terra rossa, affinamento in grandi botti esauste di rovere, acacia e castagno. Agrumato, potente, aggraziato  e sapido. Il terzo vino, il Solaris 2020,  ha stupito e per la profondità olfattiva di erbe aromatiche e susina gialla  e per la beva incisiva e persistente. Nasce da vigne tra i 300 e il 700 m. su suoli di dolomite e limo. A seguire il Sonnrain 2020, u.n blend aromatico da singola vigna: delicatissimo e floreale di lavanda e legno di rosa, anche questo caratterizzato da una piacevole sapidità. Il quinto vino era una parentesi rossa: il Granfelds 2020, un blend di varietà resistenti presenti in un’unico vigneto a 500 m, su suolo argilloso calcareo: note di prugna e frutti rossi, fresco e quasi piccante.

Gran finale, è il caso di dire, con i due vini che ho preferito in assoluto. Non è facile poter assaggiare il bronner in purezza, più frequentemente usato per blend di Piwi a bacca bianca. È complesso e affascinante il Bronner 2019 che già al naso si annuncia minerale, con grafite, agrume, timo, salvia e frutti gialli. Preciso, sapido e appagante al palato, con un  finale che richiama spezie d’Oriente e cristalli di sale. Da terreno di gneis-scisto, povero, sabbioso.

Fuochi d’artificio in chiusura, con il 99 S.Alt 2019 che, come suggerisce l’acronimo, nasce dal vigneto più vecchio di solaris ( 1999) ed è un po’ il simbolo del percorso intrapreso allora da Rudi Niedermayr e che oggi continua con il figlio Thomas. Che vino! La macerazione delle uve di circa tre giorni dona spessore e profondità al sorso, la maturazione in botte da 1000 l. lo rende elegante e avvolgente. Un tripudio di frutti esotici e agrume semicandito, su una tessitura minerale che allunga il sorso.

Sono davvero grata a Corinna e a Thomas per questa serata speciale.

Thomas Niedermayr, Hof Gandberg Strada Castel Palù 1 39057 Appiano sulla Strada del Vino (BZ) Tel 340 8242495

La sera dei quattro Moschettieri (dell'Amarone)

tommaso Bussola franco allegrini claudio viviani gianpaolo speri - Locanda le salette di fumane -dicembre 2008

Questa forse potrebbe essere la prima pagina di uno scritto intitolato “Venticinque anni di vino”, tanti sono quelli segnati fino a qui da questa mia grande passione. Migliaia di foto, di eventi e bottiglie, migliaia di pagine con note sui vini, e storie e ricordi. Minacciati tutti dall’oblio che inevitabilmente sedimenta tutto nei nostri device in un’illusione d’eternità.

Tornando da Amarone Opera Prima, l’altra sera, ho cercato questa foto. “Amarone uno stile nel tempo” si chiamò quell’incontro organizzato da Ais Verona il 4 dicembre 2008.

Ed io li chiamai i Quattro Moschettieri quella sera: Tommaso, Franco, Claudio e Gianpaolo, a raccontare la propria idea dell’ Amarone, ciascuno con un paio di bottiglie di annate tra la 1990 e ila 2003. Si discusse, ricordo, di quale strada dovesse prendere questo vino nel mondo. Conclusioni non se ne tirarono, se non quella che il fiume d’Amarone scorreva alto tra le rive della Valpolicella, a ritmo serrato. Oggi ci facciamo ancora domande, forse con qualche incognita in più all’orizzonte.

Ma tant’è. Quella sera, trascorsa tra le pareti rosse della Locanda Le Salette, è racchiusa soprattutto nell’espressione dei quattro che sembrano ancora un po’ ragazzi. E nella malinconia di sapere che Franco non è più con noi.

Amarone Opera Prima - l'annata 2020 celebra il Centenario del Consorzio

la suggestiva galleria d’entrata ad amarone opera prima - 21 esima edizione

Fatta salva l’inevitabile premessa: disquisire sull’annata dell’Amarone oggetto dalla consueta anteprima – che ha cambiato nome ma è giunta alla 21esima edizione – è sempre un azzardo perché la maggioranza dei campioni, qui 48 su 77 usciranno in commercio da due a quattro anni e più da oggi, è sempre e comunque interessante saggiare l’aria che tira in Valpolicella, incontrare i produttori e – last but not least – assaggare in parallelo qualche vecchia annata.

Detto ciò, ecco alcune considerazioni e pochi suggerimenti.

Si è festeggiato il  centenario della fondazione del Consorzio: il  9 febbraio 1925 un piccolo gruppo di viticoltori veronesi ebbe l’idea di riunire le forze e l’esperienza, ponendo le basi per l’organismo di tutela consortile che si sarebbe costituito ufficialmente con l’istituzione della denominazione, nel 1968. Una celebrazione che ha visto un record di partecipazione: ben 78 aziende.

L’annata 2020 è stata definita “difficile” ma, con il sempre più evidente climate change,  penso che molte, se non tutte,  lo saranno in futuro. Io preferisco definirla “annata altalenante” nel senso che periodi alternati di siccità, notevoli piogge e alcune grandinate hanno duramente messo alla prova i produttori con risultati altrettanto altalenanti.

Dai bicchieri di Amarone sono quasi del tutto sparite le confetture di frutta rossa per puntare, nei casi migliori, a bacche rosse mature o in gelèe; archiviate le muscolature eccessive e i notevoli residui zuccherini che incontravamo nel periodo del boom attorno ai primi anni Duemila, ora si punta decisamente ad alleggerire la trama con colori più scarichi e spessore più “easy” al palato. Non mancano esempi centrati, ma in qualche caso, in un’annata d’azzardo come questa, la trama alleggerita ha esiguo spessore al centro del palato, richiamando più l’idea di un Valpolicella Superiore. Sull’alleggerimento occorrerà, a mio parere, una riflessione comune.

Bel risultato nelle vallate più fresche: oltre all’emblematico e ormai storico Valpantena di Bertani, mi hanno colpito alcuni Amarone della Val Squaranto, in particolare Torre di Terzolan e Lavagnoli.

Mi hanno sorpeso anche :

la bevibilità del Pietro Dal Cero di Cà dei Frati, che unisce misurata potenza e slancio sapido;

la freschezza aromatica del Classico di Benazzoli che offre un intrigante bouquet che ricorda il Vermouth rosso;

la classicità (in senso architettonico) del Classico  Pruviniano di Domìni Veneti che definirei un “old style con giudizio”: qui la confettura, c’è,  ma anche spezie dolci, grafite e soprattutto sapidità;

l’equilibrio  e la freschezza di due Amarone diversissimi per zona geografica, ma accomunati da vigneti e terreni d’altura:  Albino Armani Classico Riserva Cuslanus e Cà Rugate Punta 470.

 Bene anche Marcellise con l’ormai storico Marion, tutto da attendere - assaggiare la 2013 per farsi un’idea del futuro - e con l’outsider Soripa (da sotto riva) dei giovani Andrea Aldegheri e Luca Sartori – assaggiare la 2017 per l’idea di cui sopra.

Come ormai assodato, si viene ad Opera Prima anche per assaggiare annate “Old Memories” che però, nell’ottica dell’attesa del tempo, sono nel pieno fulgore. Eccone alcune di vaglia come si suol dire:

Roccolo Grassi Amarone della Valpolicella 2012

Secondo Marco Amarone della Valpolicella Classico 2016 e 2014

Terre di Leone Amarone della Valpolicella Classico 2012

 Cà La Bionda Amarone della Valpolicella Classico Riserva Ravazzol 2013

San Cassiano Amarone della Valpolicella Riserva 2017

Tenuta Santa Maria Valverde Amarone della Valpolicella Classico Riserva 2015

il valore del tempo - la clessidra del centenario

Un grazie al Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella per la squisita ospitalità e per il bellissimo omaggio di una clssidra in vetro soffiato: la sabbia scura scende per circa 30 minuti: quanto basta per riflettere sul valore del tempo – nell’affinamento dell’Amarone certamente – ma pure nello scorrere delle nostre vite.

 

 

Arco, freccia, stella e i quattro elementi di Edoardo - Alla scoperta di Siridia

Bell’incontro qualche giorno fa con i giovani Speri,  Edoardo e la sorella Samuela, che nel 2019 hanno dato vita all’ azienda Siridia, partendo dai vigneti di famiglia: 4 ha in Valpolicella Classica ( a Negrar) e uno nella denominazione Terra dei Forti, per una produzione di circa 10.000 bottiglie, accanto alla produzione dello sfuso. Incuriosisce già dal nome questa piccola realtà, e quando Edoardo esordisce descrivendo la sua filosofia - è un enologo formato alla scuola di Roberto Ferrarini - comprendi che ti troverai di fronte a qualcosa di molto particolare. “ Ogni vino è pensato  - dice - ancora prima di pigiare un grappolo d’uva si dovrebbe sapere perchè lo si sta facendo”. E racconta, anche per iscritto, nel suo manifesto: “L’arco, la freccia e e la stella sono elementi che hanno accompagnato l’uomo fin dalle origini”. I tre simboli li ritroviamo infatti nel logo aziendale e, continua Edoardo, “rimandano all’abilità materiale e muscolare di scoccare una freccia, mentre la stella simboleggia la parte immateriale, lo slancio dell’immaginazione, e anche dei sogni.”

A questo punto, l’aspettativa di trovare qualcosa di particolare nel calice è concreta. Anche perchè quell nome: “Siridia” che è di fantasia, pare rimandare all’aggettivo latino “sidereus”: stellato, luminoso, “siderale” diremmo oggi.

Edoardo e Samuela “sciolgono l’arcano” presentando in anteprima  tre etichette in edizione limitata e unica della linea “Elementi di Edoardo”: un Metodo classico, un vino bianco pensato per un lungo affinamento e un vino rosso. Tre bottiglie, dunque, diranno i lettori. Eh, no… sono ben sei, perché ogni tipologia è stata pensata per due diversi tipi di affinamento: uno “convenzionale”, sulla terra, e l’altro in mare, per la precisione nel mare di Croazia, dove le bottiglie sono state immerse tra i 15 e 40 metri.

Vini Underwater, dunque, ed Edoardo, con questa anteprima ci ha dato la possibilità di assaggiare ognuno dei tre vini nella doppia versione “ di terra e di mare”: un confronto curioso, stimolante e che non avevo mai provato prima d’ora.

Vediamo com’è andata.

Il primo vino è Astris,  un Metodo classico Blanc de Noirs Pas Dosé da pinot nero 85% e corvina 15%, con fermentazione in acciaio e affinamento di 24  mesi, di cui 6 in mare per la versione underwater. La bolla è di struttura, con un ventaglio aromatico deciso, diretto e sapido anche al palato. Belle note di frutta bianca, crosta di pane e spezia dolce. La versione marina mostra un maso più timido e floreale, con una Co2 più delicata. Spiccano in modo deciso freschi richiami qui più agrumati e la sapidità, molto in evidenza.

Il secondo vino. un Bianco Veronese Igt, pensato per un lungo affinamento, è prodotto con un uvaggio dell’annata 2022 (60% garganega, 30% chardonnay, 10% incrocio Manzoni). Dopo un breve appassimento di circa 20 giorni, si procede con macerazione pellicolare in pressa, fermentazione in legno e successivamente in anfora per un mese. Nella versione “di terra” spiccano belle note speziate di zafferano e fiore bianco e al palato offre un equilibrio gustativo quasi di millimetrica precisione, visti i 14 gradi alcol che assolutamente non si avvertono, a favore di una piacevole freschezza. L’altra versione, se da un lato offre maggiore sapidità, dall’ altro, con un anno di affinamento in mare, mostra meno complessità, soprattutto al gusto.

Il terzo vino è un IGT rosso a base corvina dell’annata 2019. Le uve sono messe ad appassire per 30 giorni; alla fermentazione in acciaio segue un affinamento in barrique di secondo passaggio per 6 mesi. Nella versione underwater, le bottiglie, come per il bianco, affinano in mare per un anno. Rispetto alla tessitura sapida e di spezie dolci tipica della corvina che troviamo nella versione “di terra”,  quella “marina” ha una trama quasi più ingentilita e floreale che pare ricordare un pinot nero. Anche il palato è più sottile, con in più un’intrigante nota fumé. I tre vini sono disponibili in edizione limitata, in cassette di legno che ospitano la doppia versione.

Bravo e coraggioso il giovane Edoardo, con un progetto che potremmo definire “cosmico”: Aria, Acqua, Fuoco e Terra. I primi tre li abbiamo assaggiati… attendiamo il quarto, di cui abbiamo ascoltato qualche accenno. Sarà senz’altro una bella sorpresa. Grazie Edoardo e Samuela, anche per la raffinata chiusura della serata, con il Passito Bianco a base garganega e trebbiano, affinato in damigiana e con il Vermouth a base di dieci botaniche… veramente eccellente!