Anteprima Amarone 2013 - I miei 5 più 5

“Particolarmente esemplificativa del cambiamento climatico in atto” dice più o meno il comunicato del Consorzio di Tutela, riferendosi all annata 2013 ch'è stata protagonista della recente Anteprima veronese.  Nell'annata si sono alternate, infatti, due fasi opposte: quella fredda e piovosa nel periodo vegetativo e quella secca e calda nella fase di maturazione. Nel complesso, sono state messe ad appassire uve sane, con buona maturazione, ricchezza di zuccheri e un'altrettanto buona sintesi di poifenoli, tannini e antociani. 

Nel recente passato è andata progressivamente cambiando l’idea di “stagione”,  con alternanze climatiche notevoli e inaspettate, ma è pure fuor di dubbio che la perizia dei produttori ha saputo fronteggiare sempre meglio queste imprevedibilità stagionali. Nel caso dell’ Amarone, poi, ci troviamo di fronte a un vino che ha nell'appassimento il momento più importante per il risultato finale, ovviamente partendo da una materia prima ottimale. 

Come si esprime allora, l’annata 2013? Lasciando da parte le prove da botte, valutando nell’insieme la trentina di Amarone in bottiglia, direi che li ho trovati in maggioranza corretti, ma complessivamente un po’ appiattiti nell’acidità. Non sono molti i guizzi espressivi che rendono riconoscibili le sfumature del terroir delle valli valpolicellesi. Sono più ricorrenti evidenze "tecniche", con qualche legno in ridondanza. In definitiva, annata buona, ma tutta da decifrare a lunga distanza. Il lungo percorso di quattordici anteprime m’ha insegnato che la prima impressione nell’ Amarone giovane NON è quella che conta.  Commentando sui social un Amarone di Marano 2010 che era in assaggio,  ho scritto: “solamente dopo almeno sei o sette anni - e non prima - posso dire se in un Amarone “ogni cosa è illuminata”. 

Vi racconto perciò i cinque Amarone 2013 in bottiglia che mi hanno più convinto e altri cinque di annate precedenti che mi sono particolarmente piaciuti. Illuminanti, grazie al passare del tempo.

Vigneti di Ettore - Amarone della Valpolicella Cl. 2013 - In commercio da aprile 2017

La solarità e l’entusiasmo del giovane Gabriele Righetti,  che affianca il nonno Ettore nella conduzione di cinque ettari di famiglia a Negrar,  si sente in quest’Amarone dal frutto nitido e pieno, rinfrescato da una vibrante acidità. Beva dinamica, giovane, che promette sorprese anche più in là. Un outsider da tenere d’occhio.

Bertani - Amarone della Valpolicella Valpantena 2013  - In commercio.

Un Amarone che esprime in modo classico, nei sottili i profumi di fiori ed erbette balsamiche e nella bocca slanciata e fresca, il territorio della Valpantena. Pronto e di elegante piacevolezza.

Cà La Bionda - Amarone della Valpolicella Cl. 2013 Vigneti di Ravazzol - In commercio da aprile 2018

Mi piace particolarmente, quest’anno, l’espressione nitida della “ciliegia di Marano” che si avverte sotto un pout pourri di fiori di campo, spezia dolce e leggera. Sorso appagante e piuttosto austero con un lungo finale. Un bel lavoro, quello dei fratelli Alessandro e Nicola Castellani che conducono i vigneti di famiglia in regime biologico certificato.

Falezze di Luca Anselmi - Amarone della Valpolicella 2013 -In vendita dal 2019

Cinque ettari di vigne a Illasi con una produzione di circa 16.000 bottiglie in tutto. Già i numeri parlano di artigianato. L’Amarone di Luca Anselmi, con i suoi profumi puliti,  freschi e diretti mi piace ogni anno di più: è materico al gusto,  rotondo ma senza opulenza. Cesellato e insieme ben piantato ( sui piedi, in vigna!).

 Cà Rugate - Amarone della Valpolicella 2013 Punta Tolotti - In commercio.

Elegantissimo quest’ Amarone di Michele Tessari,  soprattutto peri la tessitura leggera della beva che però non molla il palato con il suo finale sapido e un refolo salmastro. Note scure, insomma, di fiori appassiti, incenso e humus che intrigano assai. Ti sembra pronto, ma inganna: è fatto per durare. E quindi chiedo pubblicamente a Michele “Quando organizzi una verticale?”

Stefano Accordini - Amarone della Valpolicella Cl. 2010 Vigneto il Fornetto - In vendita

Definire “sublime” questo cru della famiglia Accordini è dire ancora poco. L'aggettivo è azzeccassimo visto che la potenza dei terreni di Negrar, non di rado esuberante nell’ altro Amarone, l' Acinatico, qui si sublima in una dinamica gustativa ampia e in un gioco invidiabile tra l’entrata asciutta e il finale morbido dal tono molto old style. 

Albino Armani - Amarone della Valpolicella CL. 2008  Cuslanus

Albino ed Egle hanno “messo su casa” - nel senso di aprire la nuova cantina - in alta val di Marano, a Camporal. E il loro amore per questo lembo di terra si avverte nella trama accurata di questo vino ch’è  fruttato e cangiante nella dinamica gustativa e di bella eleganza olfattiva. Profondo e tenace come un amore sempre giovane. 

Le Guaite di Noemi -  Amarone della Valpolicella 2007 -In vendita

La potenza non difetta mai nei vini di Noemi, Giulietta e Stefano Pizzighella (valente olivicoltore, tra l’altro). Ma loro sanno aspettare e in quest’annata il risultato è notevole:  mitigata l’alcolicità giovanile, ecco un’esplosone di tabacco, cioccolato e bacche scure. Finale lunghissimo. Molto bella anche la nuova etichetta dai colori squillanti, che richiama i dipinti di Joan Mirò.

I Campi - Amarone della Valpolicella 2006 Campo Marna 500 - In vendita

 Si sarebbe tentati di definirlo “Amarone monumentale” per la ricchezza della materia del sorso, con tannini ammorbiditi ma ben in rilevo e un’avvolgenza quasi cremosa. Ma è un Amarone che Flavio Prà ricava da vigneti a 550 metri, su marne fossili. E quindi tutto si tiene in una progressione elegantissima e sapida che ti dice che è ancora giovane e ha ancora molte carte da giocare.

Valentina Cubi -  Amarone della Valpolicella 2003 Cl. Morar  

Ricordate l’estate torrida del 2003? Ebbene, quest’Amarone riesce a sorprenderci più d’un decennio dopo per la vitalità del sorso. Un ventaglio di spezie orientali al naso, poi fiori secchi, prugna sotto spirito. Polveroso e avvolgente il sorso, che lascia un piacevole retrogusto di spezie. Lo stile della signora Valentina, quando i vini sono giovani, spiazza per l'inconsueto carattere fuori dagli schemi, ma quando gli si dà tempo,  ti regala un sorso d’antan in stile "Recherche du temp perdu".

L' Amarone è un angelo barocco

La quattordicesima edizione di Anteprima Amarone è ancora in corso (quest'oggi la giornata è riservata agli operatori). Sto pensando che non ne ho persa una e che la prima fu quella dell’annata 2000, a cavallo del millennio, quando fu evidente la corsa dell’Amarone nei mercati e si accesero i primi dibattiti sui modelli interpretativi del grande rosso veronese.

Oggi, di fronte a un’edizione di consolidato successo – non sono ancora disponibili i numeri degli ingressi ma non v’è dubbio che saranno considerevoli – mi fa piacere annotare alcune belle novità.

Innanzitutto, la manifestazione è stata suddivisa in tre giorni, destinati ciascuno a una diversa categoria di pubblico: giornalisti e comunicatori, consumatori e operatori, con l’agio che ne è conseguito, in termini di affluenza ai banchi dei produttori.

Non del tutto nuova, ma efficace, la prassi di affiancare all'Amarone dell’annata scelta (la2013)  una più indietro nel tempo;  in molti casi si è assaggiata quella attualmente in commercio (che varia molto -  ma questo è un vecchio discorso che ha a che fare con i tempi minimi di affinamento previsti dal disciplinare, visti come sufficienti o meno, a seconda dei casi -).  Non è superfluo ricordare che, mentre stiamo assaggiando “in anteprima” l’annata 2013, (83 vini di cui il 60% ancora in botte), sugli scaffali si può già trovare in vendita la 2014.   D’altro canto, si sono assaggiati Amarone 2013 che andranno in bottiglia nel 2020 o già di lì.  Confusione o varietà? Scegliete voi.

La terza e a mio parere ottima scelta (grazie alle care Olga Bussinello e Federica Schir del Consorzio) è stata quella di accorciare notevolmente l’evento di apertura, affidando a supporti digitali tutte le relazioni tecniche ed economiche, utili a descrivere l’annata e l’andamento dei mercati.

Segnali positivi, comunque, con l’Amarone che viaggia verso i 16 milioni di bottiglie e i produttori sempre più convinti ad intraprendere percorsi di sostenibilità nella viticoltura.

Nello spazio riservato alle degustazioni, con servizio dei bravi e professionali Sommelier di AIS  Verona e già aperto dalle 9,30,  mi sono limitata ad assaggiare la trentina di Amarone già imbottigliati. Quattordici edizioni sulla groppa sono molte e sono servite a farmi desistere dall’assaggiare in batteria le prove da botte, riservandole al momento della chiacchierata con i produttori ai banchi, dove ci si può far raccontare come hanno vissuto l’annata e la produzione.  

Ritornando all’evento d’apertura, ecco l’ultima bella novità: l’intervento di Philippe Daverio che ha intrattenuto il pubblico condensando in pochi minuti tutta la storia del vino in Europa e ha descritto il senso e il valore dell’Amarone,  come espressione dell’italianità e delle sue eccellenze – come la moda il design, il buon cibo e il patrimonio artistico -.

Io non so voi, ma io ancora oggi mi gusto su Rai 5 alcune repliche di Passepartout, la trasmissione in cui per anni Daverio ha raccontato l’arte con finezza, ironia e un'incredibile capacità di affabulazione.

E dunque, sabato scorso, l’Amarone è divenuto il vino nella coppa del Bacco di Caravaggio, il vino della cena di Paolo Veronese “che ha dipinto per la prima volta un sommelier” e, almeno per me, anche un angelo barocco, con una citazione che probabilmente sarà sfuggita a molti, dato che Daverio l’ha quasi sussurrata, poco prima che il giornalista Andrea Scanzi,  investito del ruolo di discepolo, più che di moderatore, gli rivolgesse una bella domanda: «Professore, se l’Amarone fosse un’opera d’arte, quale sarebbe?» -  «Penso al Barocco» ha risposto Daverio «dove c’è il tanto, a volte il troppo, che tuttavia non basta mai»

Di sovrabbondanze barocche, nell’Amarone ne avvertimmo molte, soprattutto nelle prime edizioni dell’ Anteprima: ricordo lingue asfaltate da alcol, tannino e talora anche da quasi invadenti residui zuccherini. Erano barocchismi opulenti, come di certi altari marmorei, o architetture.

Poi si è fatta avanti l’idea che l’eleganza e la finezza fossero carte da giocare. 

Daverio a un certo punto, quasi in modo impercettibile, ha pronunciato il nome del Brustolon.

Andrea Brustolon fu uno scultore e intagliatore nato a Belluno nel 1662. Non so quanti abbiano visto opere sue.  Ho avuto la fortuna di visitare una bella mostra che la sua città gli dedicò nel 2009. Ebbene, fui folgorata dalla aerea bellezza di alcuni angeli dorati e biaccati che erano appesi in alto, sopra le teste dei visitatori. Barocco come virtuosismo, certo, e ricerca di una perfezione formale, ma anche espressione potente di una materia che brilla nello spazio e nella luce.

Ecco, trovo che l’Amarone brilli ora come un angelo barocco del Brustolon, interprete sommo della scultura lignea nel Veneto, che Balzac definì “Michelangelo del legno”.

C'è ora una  sostanza  sempre più elegante e ben espressiva nello spessore di questo vino, un nettare che lega cielo e terra, tradizione e modernità.

Insomma, cari lettori, questa ha proprio l'aria di essere la più bella edizione di Anteprima Amarone vista fino ad ora.

Cantine Monfort: Trento ma non solo.

Mi è piaciuta molto questa piccola realtà di Lavis (Tn). Racconta una storia familiare  del far vino di parecchi decenni  e c'è, soprattutto,  un'idea molto nitida del futuro che Lorenzo Simeoni ha affidato ai figli Chiara e Federico. La cantina ha dimensioni e soprattutto l'anima da "garagisti": struttura essenziale, semplicità, per una produzione di circa 220.000 bottiglie di cui 25.000 di Trento. (Trentodoc). Agli inizi di luglio la famiglia Simeoni ha aperto le porte della cantina in occasione della 20^ edizione di Porteghi e Spiazi, manifestazione enogastronomica nel centro di Lavis ed è stata l'occasione per assaggiare l'intera produzione di Metodo Classico.

Essenziali e ben centrati sulla finezza i Trento (ho smesso da un pezzo di scrivere Trentodoc - marchio disorientante - per scrivere semplicemente Trento come sinonimo di Metodo Classico trentino).  Chardonnay allevato sulla dolomia delle colline di Trento e pinot nero sul porfido di Pergine Valsugana danno un bell'insieme di sapidità ed eleganza a tutta la gamma.  

Molto piacevole e di bel carattere il Trento Brut Rosé ( 50% ch - 50% pn) e di gran bella stoffa il Trento Brut Riserva, dove prevale lo chardonnay per l'80%.  Quest'ultimo è stato assaggiato nelle tre annate fino ad ora prodotte: 2008 - 2009 - 2011, sia nella versione non dosata, sia nella versione brut. La mia preferenza è andata  al 2009 (annata in commercio)  che si è mostrato ampio, avvolgente e saporito nella versione dosata, ma ancora più convincente è stato quello sboccato alla volée, dalla vena citrina freschissima e con un'ottima persistenza. I Simoni credono molto nel loro Trento Riserva come sinonimo di longevità e mi auguro che lo producano (anche) in versione "zero". 

Per la verità un Metodo Classico non dosato le Cantine Monfort lo fanno già, ma con alcune uve autoctone che sono tra i pochissimi a coltivare,  sulle colline terrazzate di Serso e e Viarago, nelle vicinanze di Pergine Valsugana. Valderbara, vernaza e nosiola sono le varietà assemblate nel Blanc de Sers, un Metodo Classico corto (9 mesi sui lieviti, dice la scheda tecnica, ma l'ultima annata ne farà 12). Un vino decisamente interessante, con una delicatezza aromatica al naso assai invitante, quasi dolce (con fieno e mela renetta in evidenza) e un palato fine e molto sapido. Curiosità finale: il Blanc de Sers viene prodotto anche in versione ferma (ho assaggiato l'annata 2014) e mi è piaciuta molto. Chicche, insomma, che vale la pena scoprire.

 

 

 

Colfondo a 5 sensi con Karen Casagrande e i Madeleine Royale

La bella foto scattata da Margherita Grandin fissa un attimo del bellissimo spettacolo andato in scena domenica 19 giugno al Teatro Metropolitano Astra di San Donà di Piave. S'è apprezzato come una pietra preziosa incastonata in una giornata interamente dedicata al Prosecco col fondo e ai vini rifermentati in bottiglia, dal titolo "Colfondo va in scena"

Sul palco il gruppo musicale Madeleine Royale con:

Karen Casagrande: voce,  voce narrante, percussioni
Enrico Borsoi: voce e chitarra acustica.
Sonia Barbon: voce e violino.
Daniel D’Andrea: basso elettrico e chitarra classica.

Mettono insieme, questi bravissimi professionisti, musica, degustazioni di vino e racconto teatrale. Si può ben dire che ci abbiano regalato uno spettacolo a dir poco emozionante, a tratti commovente,  traboccante di suggestioni, evocazioni, colori e suoni.

Indimenticabili.

Ho vissuto dentro un racconto che vorrei intitolare  Colfondo Dreams (in corsivo le citazioni dal testo teatrale, per gran parte improvvisato da Karen)

Nel buio della sala appare  sullo schermo una bottiglia - clessidra. Come sabbia fine i granelli di lievito scendono sul fondo. Colfondo, vino che vuole tempo e che devi attendere. 
“Il Colfondo è uno di quei vini che si devono raccontare come se avessimo degli occhiali a 4D, vini che nelle loro sfumature abbracciano storie e dimensioni parallele”.
Mi torna alla mente lil primo bicchiere di Prosecco col fondo che assaggiai a Mantova, da una bottiglia "sciabolata" dall’oste Mauro Lorenzon. Era il 2009 e rimasi Incuriosita e perplessa davanti al mistero di quel vino sapido, torbido, fresco, che non mollava il mio pensiero, benché fosse assolutamente fuori dai miei parametri di giudizio.
"C’è un desiderio, nascosto in questo vino, nella sua torbidità, nella sua bollicina delicata e rustica al tempo stesso… quello di voler imbrigliare le uve del proprio vigneto senza alterarle, lasciando che il vino segua il suo corso anche durante la fermentazione, con un po’ di ingenuità e di incertezza, di fiducia e di coraggio, per togliere ogni impronta di omologazione e lasciare che la natura di anno in anno… parli.” AscoltoThe heart of Life di John Mayer  e i ricordi affiorano: i produttori incontrati tra le vigne, una bottiglia stappata a tavola mentre ti raccontano bellezze e difficoltà del loro lavoro.  Alcuni li intervista lì,  sul palco, Jacopo Cossater e sono anche i protagonisti del video che scandisce il susseguirsi di testii e musica. Ma il protagonista principale è il territorio, fatto di terra e rive, filari, foglie tralci, grappoli. Storie di luoghi e persone intessono la trama di un vino unico.

Se il  Colfondo fosse una musica -  racconta Karen - sarebbe una ballata popolare come “La bella la va al fosso". Chè è un vino “da farci due parole insieme”,  e saranno anche parole d’amore, quelle deii vecchi tempi, di una vita contadina dimenticata.
Dai che mi fate piangere,  voi dei Madeleine Royale, attaccando come una smisurata preghiera Scarbourogh Fair di Simon e Garfunkel. Ricordo campi di papaveri e fiordalisi, la vigna dietro casa...un solo filare e in un ottobre ancora assolato mi fecero anche pigiare l’uva con i  miei piccoli piedi. 

“L’immagine del lievito che si rianima quando si fa la prima luna di primavera ha un fascino indescrivibile. Non si diceva forse Aprile dolce dormire?? In ogni bottiglia invece è tutto un fermento… nel vero senso della parola.. Piccoli universi chiusi, tappati e lasciati ad esistere per proprio conto.  Perché ogni bottiglia è un mondo a parte, con le sue leggi e i suoi movimenti”.
Mi ritorna alla mente #Colfondo1 ad Asolo nel 2010. Fu la mia prima degustazione seria nonché seriale di Prosecco Colfondo. Cominciavo ad approfondire tutto quel fermento nelle bottiglie.
Dentro ci vedevo solo accenni allora….il flusso del tempo, il risveglio della primavera, la luna con le sue fasi. E il futuro mi avrebbe messo davanti sempre nuove bottiglie, sempre uniche, ciascuna con dentro un piccolo universo. E la magia della luna ha le note di Moon over Burbon Street di Sting. Brividi.

 “Ogni bottiglia ha un’anima fatta di polvere, una polvere che ha vissuto e che imprime la vita nel vino”.  Colfondo: una concentrazione d’anima sul fondo! Ecco l'immagine e il senso che mi mancavano. E mentre partono le note di Across the universe dei Beatles, vorrei averne una bottiglia per cantare pure io.

 “C’è un detto popolare che dice: meglio il vin torbido che acqua chiara. Qua no se scherza.” attacca Karen e ti conduce a ritrovare le sensazioni che si liberano ogni volta che il Colfondo lo bevi!   Profumi intensi e pro-fondi, di crosta di pane, di bacca,talvolta di spezie. “Forse quel torbido nel bicchiere è impazienza allo stato liquido”… Altra immagine che scolpisce l'essenza di questo vino. Ma poi lo gusti, quel sorso, e ti regala sensazioni gustative che ballano tra loro: fresco, morbido, sapido, a volte acido e poi di nuovo fresco e sapido e morbido. Una danza che sembra non doversi fermare più come in Libertango di Astor Piazzolla.

Ma tu, il Colfondo, lo bevi decantato o torbido, dalla bottiglia? "Mario Rigoni Stern disse: I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo” racconta Karen. E se i ricordi me li volessi bere? E se volessi bere per non dimenticare? Io non lo decanto il Colfondo e tu sembri saperlo, quando mi soccorri dicendo “Anche lasciati sul fondo i ricordi hanno lasciato il loro segno… ad ogni sorso c’è un granello di polvere che rimane nella bottiglia. Ora non è altro che un ricordo nel vento”. Vai con Dust in the wind dei Kansas  così, ad ogni canzone e con un sorso di Colfondo, ritorno indietro nel tempo.  

Il Colfondo è un vino che parla delle stagioni, di casa, di attesa.
 “E il tempo di congela e sembra di sentir tutto del vino: il lievito che lo fermenta e l’uva che sta ancora maturando lì appesa alle viti, le erbe del campo appena bagnate dalla rugiada alla mattina, i sentori del focolare acceso ai primi freddi autunnali"… . L’estate è il tempo dell’attesa, e deve giungere al termine per inaugurare le prime bottiglie… e così via…Passano le stagioni e questo vino si consolida nel tempo, non bisogna avere fretta di assaggiarlo dopo averlo imbottigliato, ci deve essere un tempo di attesa, anche quando poi lo si assaggia, lasciando che gli aromi si aprano e si confondano”. Hai detto tutto Karen, brava e, con te, bravi  gli amici che ti accompagnano. Mi lascio andare al fluire dei ricordi in questa fredda domenica. Speriamo che arrivi l’estate - (sulle note di Summertime).

Un grazie di cuore ai componenti del gruppo Madeleine Royale, a Patrizia Loiola, splendida ideatrice della giornata,  ai giovani dei progetti “Start up your talent” e “Unsexpressed Talent”  che si sono preoccupati dell’organizzazione,  ai Sommelier di Fisar San Donà che hanno servito durante le degustazioni,  ai cari amici dell’ enomondo: Jacopo Cossater, Fabio Giavedoni, Ganpaolo Giacobbo ed Andrea Bezzecchi, e naturalmente, ai produttori di Prosecco e degli altri vini rifermentati in bottiglia, presenti con i loro vini. Colfondo Forever!