Il trittico Castagno Gravina Rizzari dipinge i Vini Artigianali Italiani
/Il corriere mi ha appena consegnato “Vini Artigianali Italiani - piccolo repertorio per l’anno 2019” del trio - ma visto l’impianto dell’opera sarebbe meglio dire trittico - Castagno Gravina Rizzari.
Fuoco d’artificio, smottamento d’annoiate certezze, non soltanto degustative.
Immersione, o meglio, per usare l’espressione Bonito-oliviana citata dagli autori, “sprofondamento” ad ogni pagina: in quelle a destra che raccontano un vino con parole fuor dai riti e dagli inscatolamenti descrittivi e al tempo stesso fortunatamente lontane da voli linguistici spregiudicati e talvolta insignificanti; e soprattutto in quelle a sinistra, nei segni, nel colore, insomma nella materia visuale che s’offre allo sguardo.
Mai come in questo caso mi pare che la prima impressione sia quella che conta.
E quindi, pur avendo letto e visto soltanto una decina di “abbinamenti linguistico-visuali” proposti nel libro, vi posso dire che se siete tra quelli che l’hanno prenotato, siete fortunati, giacché si tratta di nutrimento per la mente, che leggendo e mirando, s’aggira tra conoscenza ed emozione con inaspettata leggerezza.
Ai tre autori, cari al mio percorso enoico ed umano, dedico perciò il mio “ sprofondamento” alle pagine 52 e 53, dove c’è un “pezzo di Veneto”.
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Giovanni Bellini (1430 - 1516) Bacco Bambino - National Gallery of Art Washington
Custoza Superiore La Guglia Tamburino Sardo
Tamburino Sardo lo conosco e mi piace che si definisca questo Custoza affettuoso. C’è candore infantile in quel vino; nel leggere poi “deamicisiano” si riaprono vecchi cassetti di ricordi antichi e cari al Cuore.
Già, il libro Cuore, e il Tamburino che scapicolla senza paura giù dalla collina mi si parano davanti come li lessi a sette anni.
Rivedo ancora il libro elegantemente rilegato in tela rossa, con il titolo e l’immagine in oro. Me lo regalò mamma per Natale, con una dedica dalle parole asciutte: “ A mia figlia Maria Grazia con affetto”. Affetto: parola scritta, mai pronunciata.
Il candore di quegli anni, quell’ingenuità che mi fece apprezzare Cuore e i suoi eroi: il Tamburino, il Piccolo scrivano fiorentino…
Stesso candore in quel Bacco bambino, con la caraffa che non deve pesar niente perché forse ancora è vuota e quell’azzurro quasi elettrico del vestitino, riflesso sullo sfondo in vari toni di blu, stesi sul profilo delle montagne venete.
Sprofondo come non mai nella profondità blu di Giovanni Bellini, e non m’è accaduto nemmeno nel poco visto e incredibile Trittico nella sagrestia dei Frari a Venezia.
Là è quasi un gioco barocco ante litteram di pieghe e contrasti con stoffe rosse attorno alla Vergine. Qui è uno spessore di colore ancora umido che vorresti toccare nel vestitino che, a ben guardare, sembra un po’ grande per il Bacchino.
Ah che tempi, quando i vestitini qua, in Veneto, “ i se comprava en cressere”! (Un po’ più grandi, così potevano andar bene per qualche stagione).
Preparatevi una sedia e un bicchiere.
Grazie DI CUORE a voi, Armando, Giampaolo e Fabio